domenica 31 gennaio 2016

A noi piace... il ristorante giapponese Haizu

Ieri sera, abbiamo deciso di onorare la nostra tradizionale abbuffata giapponese del sabato sera e siamo andate in un ristorante per noi nuovo: l'Haizu. Si tratta di un posto piuttosto carino e piccolo, con le pareti (ovviamente, per un giappo) marrone scuro e nero e le tende stampate a ideogrammi alla finestre.
Per una serie di vicissitudini, siamo entrate alle 20 e siamo uscite alle 23 circa. Appena ci hanno fatte sedere, abbiamo notato il primo pro della serata, ovvero la presenza di piatti sui tavoli - a differenza degli altri giapponesi in cui siamo andate che li portano solo se richiesti. La felicità di aver trovato questa sorpresa, però, non dura che il tempo del primo ordine, perché subito portano via tutto ciò che è stato utilizzato. Apriamo il menù e subito ci accorgiamo che la cena si prospetta faticosa dal punto di vista delle ordinazioni: sulle pagine non ci sono i numeri e poi i nomi dei piatti ma soltanto i nomi, per cui abbiamo dovuto sfoderare le nostre rinomate conoscenze di lingua giapponese e dettare ciò che volevamo alla cameriera. Quest'ultima è una ragazza molto gentile, che ha il solo difetto di contestare quello che ordiniamo ("E poi due onighiri al tonno e due al salmone" diciamo noi, "Ma c'è tanto riso intorno al pesce, gli onighiri sono grandi" risponde lei ... Ma che ti frega?, ci chiediamo) e che noi abbiamo rinominato Lucia, come la cinesina da cui andiamo a farci le unghie il cui negozio è di fronte all'Haizu.
Al primo round scegliamo, tra le varie cose, anche il meraviglioso Numero 4 - qui a forma di cuore e in quantità maggiore rispetto all'Imo 2, e con grande sorpresa gli onighiri che negli altri posti non fanno (perlomeno in Alessandria). Prima di poter avere tutte almeno una delle cose che abbiamo chiesto passa un po' di tempo, quantificabile - sulla scala di misura di Gordon Ramsey - così:



Sono lenti in questo ristorante, tanto lenti; soprattutto il cameriere che noi abbiamo abbiamo deciso chiamarci Giovanni, colui che vive ed opera con una flemma tale da mettere l'ansia a chiunque. Il pregio di aver aspettato tanto per mangiare i piatti è che il riso non ci è fermentato, insieme alla birra Hasahi Kirin (sostiene Ilaria), nello stomaco, quindi abbiamo avuto spazio per tutto.
I dolci che abbiamo ordinato, i Mochi mochi, non erano male, ma avendoli scongelati al microonde uno dei quattro pezzi era sciolto (tipo Ditto).

Bando alle ciance, passiamo subito ai voti di fine serata.
Servizio: Rosa 2, Fede e Sele 5, Ila 4
Menu: 8 8 8 8
Locale: 8 6 6 8
Conto: 9/10

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