domenica 7 febbraio 2016

Formation fa rima con Partition e con Platinum Edition

"Qualcosa di molto analogo a quello che sarebbe potuto accadere a Maria Callas [se avesse cantato "Il ballo del Qua qua" al posto di un'opera lirica, ndr], lo possiamo vedere in Beyoncé: travestita da Rihanna, mentre PARLA testi volgarissimi e auto-celebrativi che rispolverano vecchie critiche e vecchi rumour su una base musicale talmente banale che altre 200 mila identiche le trovate fatte da chiunque, prima ancora di pubblicare il "brano" ha pubblicato una nuova linea di vestiti a tema (anch'essa autocelebrativa e basta), poi ovviamente, in mezzo a tanta mediocrità e volgarità, ci aggiungiamo il messaggio politico talmente insignificante e banale che le persone troppo abituate ad affogare in simili merdate commercialissime (e fidatevi che non parlo della musica, ma di tutto il baldacchino) lo ritengono talmente importante da dire che tutto ciò sia "un importantissimo messaggio"... per capire quanto sia importante il messaggio, vi estraggo un pezzo di testo:
I SLAY
I SLAY
I SLAY
I'M THE BLACK BILL GATES
I SLAY
I SLAY
BITCHES
I SLAY
I GOT HOT SAUCE IN MY BAG, SWAG (?)
I SLAY
Comunque vorrei essere nero per comprendere tale merda. Perché sì, a quanto pare se non sei nero, un testo di merda del genere e una base talmente comune che posso fare al computer io stesso - CHE SONO BIANCO - in 10 minuti, la comprendi solo se sei nero.
Davvero, vorrei tanto che mi piacesse, ma quello che vedo è uno spreco di talento. Una donna intrappolata in stereotipi, volgarità camuffata male e musica di merda (che questo è) per niente unica e per niente personale (il bello della musica, una volta, era questo. Ci credete?).
Detto questo, tutto ciò me lo aspettavo da tempo e non mi ha traumatizzato. Mi ha solo fatto schifo. Tanto schifo."

Questo è il commento (in breve) della pagina Beyoncé presa da attacchi di schizofrenia durante le sue esibizioni live a proposito del nuovo video "Formation", pubblicato ieri sera (ora italiana) sull'internet. 

Iniziamo col dire che l'unica nota positiva di quei 4 minuti e 5 secondi è il cammeo di Blue Ivy - aka Bluozzola - che corre, vestita di bianco, con un paio di altre bambine. La sua presenza è giustificata dal testo: "I like my baby hair, with baby hair and afros" , per sottolineare che, essendo lei una bambina figlia di genitori afro, è normale che anche i suoi capelli lo siano (nessun riferimento agli inutili commenti fatti a tal proposito dai peggiori tabloid americani è casuale). Per noi, Bluozzola vince tutto. 
Il messaggio che il video e la canzone dovrebbero lanciare è legato alla discriminazione razziale e vicino alla causa #BlackLivesMatter; il graffita "Stop shooting us", la New Orleans del Carnevale e dei gospel cantati nelle chiese della comunità afro-americana, il ghetto e l'intera crew di attori e ballerini mostrano l'orgoglio dell'essenza nera di cui Bionzella si fa paladina (non che noi non l'avessimo già notato in questi ultimi 18/19 anni...). Ovviamente, il pubblico deve afferrare questa grandissima lezione di integrazione e umanità tramite la danza (che chiamarla tale è un complimento), oltre al fatto che DEVE  apprezzare questo esempio di pacifismo.
Il problema che riguarda "Formation" - che continua a far rima con "Partition", non dimentichiamocelo mai, per l'amor del cielo - non è tanto il cosa si vuole trasmettere, ma il come lo si vuole trasmettere: è indubbio che gli ultimi avvenimenti che giungono dagli USA non ci mettano davanti al Paese per cui Martin Luther King Jr. è morto, però è, a parer nostro, altrettanto indubbio che lo sculettage non c'entri un bel niente con la causa. 
La canzone e il video sono la peggior cosa mai uscita dalla mente di Bionzella dopo "Feeling myself" (feat. Nicki Minaj) e l'appropriazione della cultura indiana nel video di "Hymn for the weekend" (in cui la nostra Bionz è stata sostanzialmente ingaggiata come corista). Dall'uscita dell'ultimo visual album che porta il suo nome, "Formation" è la prova provata del fatto che una rivale in quanto ad autocelebrazione Madonna ce l'ha ed è Beyoncé. Pensavamo che più volgare di "Partition" non ci potesse essere niente, ma a quanto pare non è così. Come si legge nei commenti del sopra citato post, "i diti medi" non servono a mandare un messaggio di pace e speranza, ma nemmeno a dimostrare che quella è buona musica. Mah... Eppure le due cose possono convivere alla perfezione, se chi le unisce sa quello che fa e soprattutto ha un buon senso della misura e della decenza: nel 1996 Michael Jackson pubblica due video, girati da Spike Lee, per la canzone "They don't care about us" (un prison version e una versione girata nelle favelas brasiliane), inno all'integrazione e denuncia nei confronti delle ingiustizie sociali nei confronti di tutte le razze e le minoranze nel mondo. Il primo video, quello girato in prigione, era stato censurato (e qui il motivo del secondo) per la crudezza delle immagini mostrate. Forse Beyoncé è stata più furba, ha preferito mostrare il proprio corpo in abiti tipici del folklore degli afroamericani di New Orleans. Gli unici elementi "visivi" che ci sentiamo di difendere sono, oltre a Bluozzola, la scritta "Stop shooting us" e la polizia che alza le mani di fronte al bambino con la felpa nera e il cappuccio che balla. Tutto il resto è una cozzaglia di volgarità, stereotipi e scempi che soltanto sua maestà la convinzione, meglio conosciuta come Bionz, sa mettere insieme, facendola passare come chissà quale opera. 
Last but not the least: "Formation" è stata pubblicata qualche ora dopo la presentazione della nuova collezione di maglie e accessori (che riportano citazioni della canzone) sul sito di Beyoncé. Quando una miliardaria non sa cosa regalare a Pasqua alla figlia si assicura di averne altri nel caso in cui volesse comprarle un arcipelago, una miniera di diamanti o l'Argentina tutta: cosa non fanno questi Illuminati per i loro pargoli!



Morale della favola. Ancora una volta gli AMMEREGANI ci danno un'immensa lezione di musica facendoci notare che se non hai la pelle di un certo colore non capisci un cavolo di niente e quindi devi soltanto tacere. E io che pensavo che la musica fosse come l'Esperanto, una lingua universale, invece che un'ulteriore barriera... Quelle utopie! 

 



(un ringraziamento particolare va a Giada che ha contribuito a mostrare il nostro più grande disappunto)

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